Coronavirus, Bill Gates e la profezia di cinque anni fa: «Un virus sconosciuto ci ucciderà»

NEW YORK «La prossima guerra che ci distruggerà non sarà fatta di armi ma di batteri. Spendiamo una fortuna in deterrenza nucleare, e così poco nella prevenzione contro una pandemia, eppure un virus oggi sconosciuto potrebbe uccidere nei prossimi anni milioni di persone e causare una perdita finanziaria di 3.000 miliardi in tutto il mondo». Eravamo al marzo del 2015 quando Bill Gates, già creatore di Microsoft e oggi grande filantropo dedicato a lottare per la protezione della salute nel mondo, pronunciò queste parole nel corso di un Ted Talk. Ad ascoltare l’intero messaggio, appena otto minuti, c’è da pensare che l’uomo più ricco del mondo sia anche il più saggio, e persino il più chiaroveggente tra di noi. E non è un caso che proprio ieri, per seguire la sua indole filantropica, Bill Gates abbia annunciato l’uscita dal consiglio di amministrazione di Microsoft per dedicare più tempo alle sue attività filantropiche come la sanità, il cambiamento climatico, l’istruzione e lo sviluppo.

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RIFLESSIONI
Gates rifletteva sulla minaccia pandemica appena sfiorata l’anno prima con l’Ebola, che fu fortunatamente confinata per la maggior parte in tre Paesi dell’Africa occidentale. «L’Ebola ci ha offerto un vantaggio enorme, dal momento che il virus restava intrappolato nel corpo, e i malati erano presto ridotti al letto con scarsa possibilità di infettarne altri diceva Gates – Immaginate cosa succederebbe se una delle varianti della aviaria cinese cominciasse ad attraversare gli oceani insieme alle 30.000 persone che ogni giorno transitano dal Paese asiatico verso il resto del mondo». L’oratore lamentava che l’esperienza dell’Ebola non fosse servita a nulla. Non aveva dato vita alla ricerca accelerata di un vaccino, né aveva convinto i Paesi che hanno lottato per difendersi dal contagio a concertare misure collettive di prevenzione per il futuro.
Non era questo l’unico monito in circolazione in passato. Autorevoli riviste come Foreign Policy e The Atlantic avevano dedicato articoli di copertina alla grande epidemia in arrivo. L’Organizzazione mondiale della sanità in una conferenza all’inizio del 2018 le aveva dato addirittura un nome: Disease X (malattia X), e l’aveva definita: «Un elemento patologico sconosciuto, un virus di origine animale, capace di nascondersi nella fase di sviluppo iniziale, e di insinuarsi in vaste zone geografiche prima di essere identificato».

TASK FORCE
La minaccia era tanto conosciuta da aver suggerito a Barack Obama la creazione di un’unità di crisi permanente contro le pandemie, un gruppo misto di scienziati e specialisti della sicurezza nazionale. Nei giorni precedenti all’insediamento di Trump alla Casa Bianca, il team dei consulenti presidenziali per la Sicurezza uscente invitò alla Casa Bianca quello appena messo insieme da Donald Trump per una visita rituale di passaggio delle consegne, imposta dopo l’11 settembre. Obama volle che in quella occasione a fianco delle ipotesi di attacchi terroristici e cibernetici, fosse inserita una simulazione dell’arrivo di una pandemia, e il giorno dell’inaugurazione rivolse al nuovo presidente un ultimo appello sullo stesso tema. L’allarme dei saggi non è servito a condizionare l’azione al vertice del potere. John Bolton per conto di Trump ha sciolto l’unità di crisi in quanto rappresentava una spesa superflua.

Possiamo solo augurarci che vada meglio nel futuro, e per il futuro Bill Gates a chiusura della sua mini conferenza ci ha lasciato una ricetta in tre punti, oltre al naturale invito a investire collettivamente sulla ricerca. Rinforzare i sistemi sanitari dei paesi più deboli, quelli in cui il virus potrebbe svilupparsi e crescere oltre misura. Organizzare un esercito di riservisti sanitari’ da mettere in campo all’insorgere della prossima epidemia. Ripensare all’utilizzo delle enormi forze militari già dislocate intorno al mondo con i militari in funzione di contenimento intorno ai focolai.

Johnny Depp: “Non sono un violento, non ho picchiato Amber. Io trasformato da Cenerentola in Quasimodo…”

C_2_fotogallery_3001888_15_imageJohnny Depp rompe il silenzio sulla spinosa questione che riguarda le accuse di abuso domestico della sua ex moglie Amber Heard: “Non sono un uomo violento. I potenti di Hollywood hanno cercato di farmi tacere ma sono pronto ad abbandonare il cinema se questa ‘cospirazione” continuerà”, ha detto l’attore in un’intervista esclusiva sull’edizione di novembre di GQ inglese. Le accuse ingiustificate di Amber mi hanno trasformato da Cenerentola in Quasimodo”, ha aggiunto…
Depp e la Heard hanno divorziato nel gennaio 2017, dopo che la donna ha affermato di essere stata violentemente aggredita da Depp nel suo attico a Los Angeles, colpita in faccia da un iPhone che le avrebbe procurato lividi ad un occhio e alla guancia. Raccontando la sua versione della storia per la prima volta, Depp ha detto a GQ: “Fa male. La cosa che mi fa più male è essere presentato come qualcuno che non sei e che è il più lontano possibile da ciò che sono. Far male a qualcuno che ami, come una specie di bullo? No, non potevo essere io”.

La star di “Pirati dei Caraibi” ha poi aggiunto di aver visto la sua reputazione “crollare sotto di lui mentre il suo matrimonio fallito diventava sempre più pubblico” e trasformarsi da “Cenerentola a Quasimodo, il Gobbo di Notre Dame”: “La gente mi guardava in modo diverso per via delle accuse. Come una bestia e poi sono cominciate ad uscire affermazioni come: ‘E’ pazzo, ha bisogno di fare un test per la sanità mentale…”.

Ma non è tutto. Dopo il divorzio con la Heard, che si è concluso con un accordo economico extragiudiziale di oltre 5,5 milioni dollari, Depp è stato citato in giudizio dai suoi manager, accusato di aver sperperato i suoi soldi tra vizi e divertimenti e l’attore ha poi a sua volta controbattuto con l’accusa di mala gestione da parte del gruppo delle sue finanze.
Definendo l’industria cinematografica di Hollywood un “vile circo” Depp accusa quindi i potenti di averlo voluto far tacere per interesse, ma si dice pronto a lasciare tutto se necessario: “Un giorno la mia reputazione verrà ripristinata, io conosco la verità e la verità verrà fuori prima o poi…”