Fabio Rovazzi, il nonno è morto per coronavirus: «Ho sperato l’impossibile»

Grave lutto per Fabio Rovazzi, la cui famiglia è stata colpita duramente dal coronavirus. Lo ha raccontato lui stesso sul suo profilo Instagram, pubblicando una serie di foto con suo nonno, morto in ospedale proprio per il Covid-19. Un lungo post corredato da diverse foto, da quando Rovazzi era un bambino, fino all’adolescenza e infine col nonno in un letto di ospedale: parole commoventi di un nipote cresciuto insieme al suo amato nonno.

5150419_1154_rovazzi_nonno_morto_coronavirus«Ho sperato nell’impossibile, ho creduto fino all’ultimo che fossi l’unico in grado di scampare a quella maledetta figura oscura con la falce in mano», scrive Rovazzi. «Mi sbagliavo. La morte piano piano prende tutti, non capisco perchè debba prendere sempre prima del dovuto tutti quelli a cui tengo. Ho fatto il possibile, l’impossibile e l’impensabile…. ma alla fine questo maledetto virus ti è venuto a bussare alla porta. E fidati quando ti dico che non te lo meritavi».

«Con te ho passato gran parte della mia infanzia e credo che tutto quello che sono oggi per la stragande maggioranza lo devo a te – continua Rovazzi nel suo post – Sei l’uomo che mi ha insegnato tutto. Mi hai insegnato che la fortuna non esiste. Mi hai insegnato che la tenacia e la forza di volontá sono alla base di tutto. Sei partito da gommista e sei volato in Argentina diventando dirigente di una delle più grosse multinazionali del mondo. Sei sempre stato il mio esempio di vita e lo sarai sempre nonostante l’assenza di quest’ultima».

«Dentro di me sapevo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato ma… scusami non riusciró mai ad abituarmi a queste cose. Ogni volta che succede una parte di me crolla e un altra diventa più forte perchè sa che dovrà andare avanti sempre più sola. Nei hai passate tante negli ultimi anni, ti ho visto sparire a poco a poco nella nebbia e nell’ultimo periodo sono venuto a trovare solo il tuo ricordo…», le parole commoventi di Rovazzi.

«Tramandare i ricordi è stato fondamentale per te: penso che tu sia l’unico nonno al mondo che in ereditá mi ha lasciato terabyte di video storici di famiglia, con annesse lettere e spiegazioni di ogni situazione. Hai sempre filmato tutto, chissà da chi ho preso la passione per i video – conclude il post di Rovazzi – Sei sempre stato orgoglioso di me, ma non ti sei mai reso conto che quello che sono diventato è solo grazie a te. Grazie di cuore, Sei stato il miglior nonno che si possa desiderare».

Fabrizio Corona, altro che virus: il personal trainer a casa sua ad allenarlo. E lui mette in vendita mascherine “estetiche”

Fabrizio Corona non sembra temere il coronavirus. Tantomeno il suo personal trainer che, a quanto pare, non sembra abbia rispettato il decreto che invita tutti gli italiani a restare a casa se non per comprovati motivi di necessità. Secondo quanto riporta Tpi, e testimoniato dalle immagini pubblicate nelle stories di Instagram di entrambi, il suo allenatore personale, Nathan Martelloni, sarebbe andato a casa sua per una seduta di allenamento.

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Nel filmato di vede il personal trainer nel giardino sulla moto accesa e con il casco in testa. Poi l’ingresso nella casa dell’ex paparazzo, agli arresti domiciliari e da pochi giorni nella nuova abitazione dopo il trasloco. Al suo ingresso Corona chiede: «Ma sei entrato in giardino con la moto?». E lui risponde: «È comodo».

Non è chiaro se Nathan Martelloni sia realmente entrato dall’esterno, ma almeno questo è quello che vogliono trasmettere ai loro fan. E da quel momento inizia l’allenamento a suon di pesi.
Ma le attività a casa Corona non si fermano all’attività fisica. Tra un esercizio e un altro si mostra anche in versione “smart working” per poi mostrare il nuovo prodotto della sua linea di abbigliamento. Una “mascherina estetica”, come da nome indicato nel sito e-commerce al prezzo di 12 euro. Non una mascherina utile ad evitare il contagio, ma solamente una mossa di marketing in un periodo di sofferenza per l’Italia che di mascherine avrebbe un reale bisogno per la salvaguardia di medici, infermieri e cittadini.

Coronavirus, Bill Gates e la profezia di cinque anni fa: «Un virus sconosciuto ci ucciderà»

NEW YORK «La prossima guerra che ci distruggerà non sarà fatta di armi ma di batteri. Spendiamo una fortuna in deterrenza nucleare, e così poco nella prevenzione contro una pandemia, eppure un virus oggi sconosciuto potrebbe uccidere nei prossimi anni milioni di persone e causare una perdita finanziaria di 3.000 miliardi in tutto il mondo». Eravamo al marzo del 2015 quando Bill Gates, già creatore di Microsoft e oggi grande filantropo dedicato a lottare per la protezione della salute nel mondo, pronunciò queste parole nel corso di un Ted Talk. Ad ascoltare l’intero messaggio, appena otto minuti, c’è da pensare che l’uomo più ricco del mondo sia anche il più saggio, e persino il più chiaroveggente tra di noi. E non è un caso che proprio ieri, per seguire la sua indole filantropica, Bill Gates abbia annunciato l’uscita dal consiglio di amministrazione di Microsoft per dedicare più tempo alle sue attività filantropiche come la sanità, il cambiamento climatico, l’istruzione e lo sviluppo.

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RIFLESSIONI
Gates rifletteva sulla minaccia pandemica appena sfiorata l’anno prima con l’Ebola, che fu fortunatamente confinata per la maggior parte in tre Paesi dell’Africa occidentale. «L’Ebola ci ha offerto un vantaggio enorme, dal momento che il virus restava intrappolato nel corpo, e i malati erano presto ridotti al letto con scarsa possibilità di infettarne altri diceva Gates – Immaginate cosa succederebbe se una delle varianti della aviaria cinese cominciasse ad attraversare gli oceani insieme alle 30.000 persone che ogni giorno transitano dal Paese asiatico verso il resto del mondo». L’oratore lamentava che l’esperienza dell’Ebola non fosse servita a nulla. Non aveva dato vita alla ricerca accelerata di un vaccino, né aveva convinto i Paesi che hanno lottato per difendersi dal contagio a concertare misure collettive di prevenzione per il futuro.
Non era questo l’unico monito in circolazione in passato. Autorevoli riviste come Foreign Policy e The Atlantic avevano dedicato articoli di copertina alla grande epidemia in arrivo. L’Organizzazione mondiale della sanità in una conferenza all’inizio del 2018 le aveva dato addirittura un nome: Disease X (malattia X), e l’aveva definita: «Un elemento patologico sconosciuto, un virus di origine animale, capace di nascondersi nella fase di sviluppo iniziale, e di insinuarsi in vaste zone geografiche prima di essere identificato».

TASK FORCE
La minaccia era tanto conosciuta da aver suggerito a Barack Obama la creazione di un’unità di crisi permanente contro le pandemie, un gruppo misto di scienziati e specialisti della sicurezza nazionale. Nei giorni precedenti all’insediamento di Trump alla Casa Bianca, il team dei consulenti presidenziali per la Sicurezza uscente invitò alla Casa Bianca quello appena messo insieme da Donald Trump per una visita rituale di passaggio delle consegne, imposta dopo l’11 settembre. Obama volle che in quella occasione a fianco delle ipotesi di attacchi terroristici e cibernetici, fosse inserita una simulazione dell’arrivo di una pandemia, e il giorno dell’inaugurazione rivolse al nuovo presidente un ultimo appello sullo stesso tema. L’allarme dei saggi non è servito a condizionare l’azione al vertice del potere. John Bolton per conto di Trump ha sciolto l’unità di crisi in quanto rappresentava una spesa superflua.

Possiamo solo augurarci che vada meglio nel futuro, e per il futuro Bill Gates a chiusura della sua mini conferenza ci ha lasciato una ricetta in tre punti, oltre al naturale invito a investire collettivamente sulla ricerca. Rinforzare i sistemi sanitari dei paesi più deboli, quelli in cui il virus potrebbe svilupparsi e crescere oltre misura. Organizzare un esercito di riservisti sanitari’ da mettere in campo all’insorgere della prossima epidemia. Ripensare all’utilizzo delle enormi forze militari già dislocate intorno al mondo con i militari in funzione di contenimento intorno ai focolai.

Michela Magalli, la figlia di Giancarlo ricoverata in ospedale: «Non c’è una diagnosi, incrociate le dita»

PicsArt_12-04-05.12.40-2-640x367Michela Magalli, figlia del celebre conduttore Giancarlo, è finita in ospedale e sembra essere anche in condizioni piuttosto gravi. A dare la notizia è la stessa ragazza, nota influencer su Instagram che nelle sue stories mostra la stanza di ospedale in cui è stata ricoverata presso l’ospedale Gemelli di Roma.

La giovane ha postato diverse foto, in una di queste scrive ironica: «Pensieri e preghiere, grazie. Chi me l’ha tirata è riuscito benissimo». Michela si trova infatti in ospedale, con una flebo al braccio e una mascherina sul volto. In un’altra stories mostra la dottoressa che si sta prendendo cura di lei e in una terza fa i ringraziamenti a chi le è stato vicino in questo momento. «Grazie di cuore a tutti quelli che hanno dedicato un minuto per mandarmi un messaggio di conforto in questo periodo non proprio dei migliori per non dire di m***. Se non sono stata attiva e non lo sarò in questi giorni sapete il perché».

Poi Michela spiega cosa le è successo: «A una diagnosi, purtroppo, ancora non si è arrivati, potrebbe essere una malattia esantematica o infettiva, un virus come quello di epstein-barr, la linfomonocitosi adenopatica infettiva o che ca*** ne so io. Finger crossed for me».